
Tra gli argomenti di Scienze da affrontare nello studio di preparazione ai Concorsi, c’è la Dinamica.
Di seguito le nozioni che di solito nei concorsi pubblici chiedono in relazione a tale argomento.
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Nozioni elementari di dinamica
Introduzione
La meccanica è il ramo della fisica che ha per oggetto le leggi del moto dei corpi. La meccanica si suddivide in tre branche distinte: la cinematica, che studia i moti a prescindere dalle cause che li hanno prodotti; la dinamica, che stabilisce la relazione tra il moto e le sue cause (le forze); e la statica, che studia le condizioni di equilibrio dei corpi. Le principali grandezze fisiche coinvolte nella descrizione meccanica del moto sono spazio, tempo, velocità, accelerazione, massa, forza, energia, lavoro. La formulazione delle leggi della meccanica risale ai secoli XVII e XVIII e si deve principalmente a Galileo Galilei e Isaac Newton. Al primo è riconosciuto il merito di aver impostato il metodo scientifico e di aver compiuto le prime osservazioni del mondo fisico in modo rigoroso. In particolare, Galileo compì studi approfonditi su uno dei moti più comuni tra quelli osservabili nel mondo macroscopico: la caduta dei gravi; mostrò che la velocità di un grave in caduta libera aumenta a un ritmo costante nel corso della caduta e che questo ritmo, se si trascurano gli effetti dell’attrito, è uguale per tutti i corpi. Poco più tardi il matematico e fisico inglese Isaac Newton definì rigorosamente i concetti di forza, massa e accelerazione, ed enunciò il principio, noto oggi come seconda legge della dinamica, che definisce la relazione tra queste grandezze. Le leggi di Newton sono tuttora valide per la descrizione dei fenomeni ordinari. Si sono invece rivelate inappropriate per la descrizione dei sistemi microscopici – l’atomo, il nucleo atomico e le particelle elementari – e di quelli che coinvolgono velocità dell’ordine della velocità della luce; per i primi, a partire dagli inizi del XX secolo, è stata formulata la meccanica quantistica; per i secondi, la teoria della relatività di Albert Einstein, che ha per oggetto lo studio del moto dei corpi in relazione con le forze che lo producono è detto dinamica.
Due sono dunque i suoi scopi e cioè quello di stabilire quali cause (forze) abbiano prodotto un determinato movimento di un corpo e quello di stabilire quale movimento avrà un corpo assoggettato a determinate forze.
Lo sviluppo di questa disciplina, come dell’intera meccanica, risale al XVII e XVIII secolo e si deve principalmente a Galileo Galilei e Isaac Newton.
I tre principi da essi formulati, detti appunto principi della dinamica, permettono di determinare il moto di qualunque sistema meccanico, note le forze a esso applicate e la posizione occupata dal sistema all’istante iniziale(non sono validi, invece, per sistemi dotati di velocità paragonabili alla velocità della luce, per i quali vanno apportate le correzioni relativistiche, e per i sistemi microscopici, per i quali valgono le leggi della meccanica quantistica).
La massa
La massa è una grandezza fisica che esprime l’attitudine di un corpo a opporsi alle variazioni del suo stato di quiete o di moto (ossia ne fornisce una misura dell’inerzia), e la sua caratteristica di essere sottoposto alla forza di gravità. Nel primo caso si parla più precisamente di massa inerziale, nel secondo, di massa gravitazionale. Le definizioni dei due tipi di massa, inerziale e gravitazionale, vengono ricondotte a due principi fisici differenti. La massa inerziale è definita in base alla seconda legge di Newton (F = ma), come la costante di proporzionalità tra la forza applicata a un corpo e l’accelerazione che esso acquista per effetto di tale forza. Essa esprime quindi l’inerzia del corpo, ovvero una forma di “‘resistenza”‘ che il corpo offre all’azione di cause che possono alterare il suo stato dinamico. A parità di forza applicata, maggiore è la massa inerziale, minore è l’accelerazione acquistata dal corpo. La massa gravitazionale è invece definita in base alla legge di gravitazione universale (F = GmM/R2), secondo la quale due corpi aventi masse rispettivamente pari a m e M interagiscono per mezzo di una forza attrattiva di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questa legge si applica sia al moto dei pianeti (e costituisce la giustificazione teorica delle leggi che ne regolano il moto), sia ai corpi in caduta libera sulla superficie terrestre.
La massa può essere misurata con una bilancia a bracci uguali. In una bilancia a bracci uguali, i piatti sono appesi a un giogo che poggia nel fulcro di un sostegno, e un indice solidale al giogo indica quando sui piatti sono poste masse uguali. Poiché entrambe le masse sono soggette alla stessa attrazione gravitazionale, la pesata avviene per confronto ed è indipendente dalla località.
Il peso
Il peso di un corpo è la forza, proporzionale alla sua massa, che lo attrae verso il centro della Terra. È una grandezza vettoriale, e quindi è definita da un’intensità, una direzione e un verso. In formula:

Benché, anche in questa dispensa si è soliti (per comodità didattica) indicare il peso utilizzando l’unità di misura della massa (Kg, g, etc.), va evidenziato che il peso essendo una forza, non si misura in Kg bensì in Newton (N). Newton: unità di misura della forza adottata dal Sistema Internazionale. Si indica con il simbolo N ed è intitolata al fisico britannico Isaac Newton. La sua definizione discende direttamente dal secondo principio della dinamica – formulato appunto da Newton – secondo cui la forza F che agisce su un corpo di massa m è direttamente proporzionale all’accelerazione che il corpo acquista per effetto della forza: in formule, F = m a. 1 N è quindi definito come la forza che, agendo su una massa di 1 kg, produce su di essa un’accelerazione di 1 m/s2.
Il peso di un corpo può essere determinato con il dinamometro. La deformazione della molla dipende dalla locale attrazione gravitazionale: perciò un dinamometro indicherà pesi differenti per la medesima massa (o quantità di materia) in luoghi che risentono di un’attrazione gravitazionale diversa.
Tanto è vero che il peso di un corpo di massa fissata dipende così dalla sua posizione sulla superficie terrestre; in particolare, diminuisce all’aumentare della quota e, per effetto della forza centrifuga dovuta al moto di rotazione della Terra, nonché per effetto del rigonfiamento equatoriale terrestre, aumenta spostandosi dal polo all’equatore (all’equatore il peso si riduce di 1/193 rispetto al polo).
L’inerzia e il primo principio della dinamica
L’inerzia è la proprietà intrinseca della materia di opporsi a qualunque cambiamento del proprio stato di quiete o di moto.
Dal punto di vista teorico questa proprietà è descritta dal primo principio della dinamica, detto anche principio d’inerzia, introdotto da Galileo e successivamente riformulato da Newton; esso afferma che un oggetto conserva il proprio stato di quiete o di moto a meno che non intervenga una causa esterna (una forza) a modificarlo o, in altre parole, un oggetto, non soggetto a forze esterne, rimane in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme.
Il principio di inerzia non è di banale osservazione: consideriamo per esempio una biglia (assimilabile nella nostra trattazione ad un punto materiale) che rotola su una superficie piana orizzontale molto estesa. La nostra esperienza ci dice che con il passare del tempo la biglia rallenta fino a fermarsi; questo è dovuto al fatto che interagisce con il piano e con l’aria.
Si può osservare, comunque, che facendo diminuire progressivamente questi attriti (rarefacendo l’aria e lisciando il piano per diverse volte) la biglia percorre sempre più strada prima di fermarsi. L’idea che sta alla base del primo principio è che facendo diminuire gli attriti fino a renderli nulli (in teoria), il corpo non rallenti e quindi non si fermi mai, cioè persista nel suo stato di moto rettilineo uniforme.
Si può ottenere una misura dell’inerzia di un corpo misurando la sua massa inerziale: è infatti questa grandezza fisica a determinare la risposta di un corpo all’applicazione di una forza, come prescrive la seconda legge della dinamica. Il secondo principio della dinamica (sempre formulato da Newton) infatti afferma che una forza applicata a un corpo gli imprime un’accelerazione che risulta proporzionale alla forza stessa e inversamente proporzionale alla massa inerziale del corpo. Così, se un corpo ha massa inerziale maggiore di un altro, sarà necessario utilizzare una forza più intensa per imprimergli la medesima accelerazione.
La forza e il secondo principio della dinamica
In fisica per forza si intende qualunque azione che alteri lo stato di moto (o di quiete) o che produca una deformazione del corpo su cui agisce. La forza è un vettore, vale a dire una grandezza dotata di intensità, direzione e verso.
Una forza è completamente determinata quando se ne conoscono i suo tre elementi: I) punto di applicazione; II) direzione; III) intensità.

Il secondo principio della dinamica definisce qual è la relazione tra una forza e l’effetto che essa produce sul moto di un corpo: in forma matematica si scrive:
dove F rappresenta la forza, a l’accelerazione acquisita dal corpo ed m, costante di proporzionalità tra le due grandezze, la massa del corpo.
Dunque, se la forza è nulla (o è nulla la risultante, vale a dire la somma vettoriale di tutte le forze agenti), l’accelerazione non può che essere nulla, e il corpo rimanere in quiete, o al più muoversi di moto rettilineo uniforme (primo principio della dinamica); se invece la forza è diversa da zero, il corpo acquista un’accelerazione tanto maggiore quanto più piccola è la sua massa inerziale.
Il secondo principio della dinamica permette inoltre di determinare facilmente le dimensioni fisiche della forza: si tratta appunto del prodotto di una massa per un’accelerazione. Il newton, infatti – la sua unità di misura – è definito come l’intensità della forza necessaria a imprimere l’accelerazione di 1 m/s2 a un corpo della massa di 1 kg:
1 N = 1 kg · m/s2
Il terzo principio della dinamica: il principio di azione e reazione
Secondo il terzo principio della dinamica (o principio di azione e reazione): “A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”.
Se qualcuno spinge una pietra col dito, anche il suo dito viene spinto dalla pietra.
Se un cavallo tira una pietra legata ad una fune, anche il cavallo è tirato ugualmente verso la pietra: infatti la fune distesa tra le due parti, per lo stesso tentativo di allentarsi, spingerà il cavallo verso la pietra e la pietra verso il cavallo; e di tanto impedirà l’avanzare dell’uno di quanto promuoverà l’avanzare dell’altro.
Quando qualche corpo, urtando in un altro corpo, in qualche modo avrà mutato con la sua forza il moto dell’altro, a sua volta, a causa della forza contraria, subirà un medesimo mutamento del proprio moto in senso opposto.
L’attrito
L’attrito è l’effetto delle forze dissipative sul moto di un corpo che si muove su una superficie o all’interno di un mezzo viscoso[6. Trattandosi di una forza, l’attrito, nel Sistema internazionale, si misura in newton (N).
A seconda della natura dei corpi coinvolti e del tipo di moto da essi compiuto, si distinguono tre forme di attrito: quello radente, quello volvente e quello interno o viscoso.
Attrito radente
L’attrito radente si oppone al moto tra due superfici che scivolano l’una sull’altra. È l’effetto che si sperimenta, ad esempio, quando si trascina una cassa sul pavimento.
Si deve al fatto che le superfici dei corpi, per quanto apparentemente lisce, presentano sempre microscopiche irregolarità; tali irregolarità, dell’ordine del micrometro (un milionesimo di metro), favoriscono l’interazione elettrica tra gli atomi delle due superfici, e quindi il rallentamento del moto relativo.

Attrito volvente
L’attrito volvente si manifesta quando un corpo solido rotola senza strisciare su una superficie, ad esempio quando una biglia rotola sul piano di un tavolo.
Con poche eccezioni, la quantità di energia dissipata per effetto dell’attrito volvente è minore rispetto a quella dissipata, in condizioni analoghe, per attrito radente; questa caratteristica spiega la funzione di dispositivi come i cuscinetti a sfera, o di guide a rulli per il trasporto di carichi pesanti: entrambi trasformano l’attrito radente in attrito volvente, in modo da rendere il moto più efficiente.
Attrito interno
L’attrito interno è un effetto che si produce a livello molecolare, all’interno di un corpo sottoposto a una sollecitazione: ad esempio, è la causa che determina l’arresto delle oscillazioni di un corpo solido dotato di proprietà elastiche, come una corda di pianoforte o un diapason.
Nei corpi fluidi – liquidi o gassosi – l’attrito interno prende più propriamente il nome di viscosità; si manifesta nel moto del fluido stesso, o di un corpo al suo interno.
Nel caso in cui il fluido sia in moto a velocità relativamente piccola, tale cioè da non favorire la formazione di vortici, si può pensare la sua massa come costituita da tanti strati paralleli sovrapposti: quelli più vicini alle pareti del condotto risentono di un attrito maggiore, che viene trasmesso agli strati via via adiacenti.
Nel caso di un corpo in moto all’interno di un fluido, come un sommergibile in immersione, di un aereo nell’aria o anche solo di una bicicletta in moto, la resistenza opposta dal fluido al moto del corpo dipende dalla velocità del corpo, dalla natura del fluido e dalla forma del corpo. Poiché l’effetto della forza di attrito viscoso è quello di ridurre la velocità, per un corpo in caduta libera in un fluido (ad esempio nell’aria) esiste un valore della velocità v in corrispondenza del quale la forza peso del corpo (m g) è uguale in modulo alla forza di attrito viscoso. Tale valore, che rimane costante per tutto il resto del moto, prende il nome di velocità limite, o velocità di regime. Per questo un paracadutista, dopo una fase transitoria in cui cade con moto uniformemente accelerato, per il resto del volo si muove di moto rettilineo uniforme (a meno degli effetti di venti e correnti).
Lavoro
Il lavoro è una grandezza scalare, definita dal prodotto scalare della forza applicata a un corpo per lo spostamento che esso subisce a causa dell’azione della forza. Una forza compie lavoro ogni volta che produce uno spostamento del corpo su cui agisce; ciò vale anche per le forze di natura non meccanica, come le forze elettrostatiche, elettrodinamiche, o le forze di tensione superficiale.
Il lavoro è positivo se lo spostamento ha la stessa direzione e lo stesso verso della forza (lavoro motore), negativo se ha verso opposto (lavoro resistente) e nullo se la forza non produce spostamento o se questo avviene nella direzione perpendicolare alla linea d’azione della forza.
Di conseguenza, per quanto sia poco intuitivo, la forza necessaria per mantenere sospeso un oggetto (nel campo gravitazionale), o per trasportare una valigia lungo una strada orizzontale, non comporta produzione di lavoro. Secondo la formula di lavoro, un uomo che porta una valigia lungo un percorso orizzontale compie un lavoro nullo, perché la forza e lo spostamento sono perpendicolari. Naturalmente, per trasportare la valigia questa persona non fa una fatica nulla. In questo caso, quindi, la grandezza fisica «lavoro» non corrisponde alla nostra sensazione di fatica. La contraddizione è soltanto apparente: i nostri muscoli striati non sono in grado di «bloccarsi» e rimanere immobili per sostenere la valigia; mentre la trasportiamo, essa ci piega verso il basso e noi continuiamo a rispondere, anche senza accorgercene, con microscopici ma continui movimenti verso l’alto dei muscoli del braccio. In ognuno di questi spostamenti la forza che esercitiamo e lo spostamento sono paralleli, per cui il lavoro che compiamo è positivo, è la somma di questi lavori che noi avvertiamo come fatica.
Compiere lavoro su un corpo consiste sostanzialmente nel trasferire a esso energia. Ad esempio il lavoro necessario per sollevare da terra un corpo si trasforma in energia potenziale gravitazionale del corpo stesso. Lavoro ed energia hanno la stessa unità di misura; nel Sistema internazionale essa è il joule definito come il lavoro compiuto da una forza di 1 Newton per produrre uno spostamento di 1 metro.
Puoi eseguire un lavoro pari a 1 J sollevando di un metro un corpo che pesa 1 N. Così, se afferri un panetto di burro da 1 hg e lo sollevi di 1 m compi il lavoro di circa 1 J.
Potenza
La potenza è la grandezza fisica che esprime la velocità con cui si compie un lavoro o si trasferisce energia a un sistema.
Se si indica con W il lavoro compiuto in un intervallo di tempo t, sufficientemente piccolo perché non siano apprezzabili le variazioni delle forze applicate, la potenza è data dal rapporto W/t, tra il lavoro compiuto e il tempo impiegato a compierlo.

L’unità di misura della potenza nel Sistema Internazionale (vedi SI) è il watt (W), che corrisponde alla potenza necessaria per compiere il lavoro di 1 joule nell’intervallo di tempo di un secondo. In alcuni casi è usato anche il cavallo-vapore (CV), che equivale a circa 746 watt.

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