Il Presidente della Repubblica – Appunti per concorsi ed esami

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Tra gli argomenti di Diritto Costituzionale (e di “Educazione Civica” detta a volte “Cittadinanza e Costituzione”) maggiormente richiesti nell’ambito dei concorsi pubblici vi è il Presidente della Repubblica.

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Premessa – Gli strumenti per studiare il Presidente della Repubblica

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Nozione e caratteri.

Le Repubbliche hanno un organo di vertice denominato Presidente della Repubblica.

L’art. 87 1° co. Cost. afferma che “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.”

Esso è all’intero del nostro ordinamento, un organo costituzionale[1], e come tale la sua presenza è indefettibile.

Il Presidente della Repubblica presenta i seguenti caratteri:

  • è un organo monocratico: in quanto è l’unico “potere dello Stato” a non essere di tipo collegiale;
  • è un organo super partes: cioè al di fuori e al di sopra dei vari poteri dello Stato e delle funzioni che essi rappresentano, avendo il compito di controllare ed agevolare il funzionamento dell’intero meccanismo costituzionale[2];
  • è garante della costituzione ed arbitro tra i partiti: nel senso che nell’esercizio delle sue funzioni vigila sul funzionamento del meccanismo costituzionale e sull’osservanza delle regole che lo disciplinano, al fine di assicurare il rispetto della Costituzione e il mantenimento di una corretto equilibrio fra gli organi cui spetta la direzione politica dello Stato;
  • è apolitico: nel senso che non può imporre al governo o al Parlamento la propria politica personale, ma esercita tuttavia una funzione di rappresentanza di indirizzo morale, in quanto fa sentire la sua influenza con il prestigio personale, derivante dall’autorevolezza della sua figura.

In sintesi nel nostro sistema costituzionale il Presidente della Repubblica deve essere inteso come potere neutro, apolitico ed imparziale, che esercita funzioni di garanzia e controllo sugli organi d’indirizzo politico al di sopra delle tre funzioni tradizionali e con il fine di equilibrare il sistema senza svolgere funzioni attive di governo.

Eleggibilità.

A norma dell’art. 84 1° co. Cost.: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età[3], e goda dei diritti civili e politici[4]”.

Incompatibilità.

A norma dell’art. 84 2° co. Cost.: “L’ufficio del Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica”[5].

In altri termini, il Presidente della Repubblica non può contemporaneamente ricoprire altri incarichi, di natura pubblica o privata, né svolgere altre attività professionali. Non può, cioè, essere parte di un rapporto di servizio, sia esso pubblico o privato, retribuito o anche soltanto onorario.

Nomina.

Organo elettivo.

Secondo l’art. 83 Cost., il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune[6] integrato da tre delegati[7] per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranza (la Valle l’Aosta ha un solo delegato)[8].

Procedimento.

L’art. 85 2° co. afferma che: “Trenta giorni prima che scada il termine[9], il Presidente della Camera dei deputati convoca[10] in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”.

L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto[11] ed a maggioranza di due terzi dell’assemblea (cioè a 2/3 dei componenti di entrambi i rami del Parlamento).

Tale maggioranza qualificata è richiesta per le prime tre votazioni, affinché il Presidente della Repubblica possa godere di un numero di consensi più ampio di quello normalmente prescritto per le maggioranze governative.

Dopo i primi tre scrutini è, invece, sufficiente la maggioranza assoluta (metà dei componenti l’Assemblea + 1), onde evitare un ulteriore ed eccessivo prolungamento delle operazioni di voto che sminuirebbe il prestigio dell’eligendo.

Nel caso in cui le camere siano sciolte o manca meno di tre mesi dalla cessazione.

Inoltre l’art. 85 3° co. afferma che: “Se le Camere[12] sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica (prorogatio)”.

Quindi le Camere sciolte o prossime allo scioglimento (cd. Camere “moribonde”) non sono abilitate a eleggere il nuovo Capo dello Stato. Si vuole, così, evitare di affidare una scelta politica importante, come l’elezione del Presidente della Repubblica, a un organo ormai in scadenza ed i cui membri potrebbero non essere riconfermati con le nuove elezioni.

Prorogatio del Presidente della Repubblica

La durata in carica del Presidente della Repubblica è fissata in un settennato, a decorrere dalla data del giuramento. Tuttavia nel caso in cui si verifichi ritardo nell’elezione del successore (come nel caso previsto dell’art. 85 3° co.), il Presidente della Repubblica in carica può vedere prorogati i suoi poteri (prorogatio del Presidente della Repubblica)

Il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione.

Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, deve ai sensi dell’art. 91 Cost. presentare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione dinnanzi al Parlamento in seduta comune[13].

In occasione del giuramento, il Presidente della Repubblica rivolge alle Camere un messaggio, detto “introduttivo” o di “insediamento”, con il quale espone le linee che caratterizzeranno lo “stile” del suo mandato: si tratta di un messaggio orale, pronunciato direttamente dinanzi alle Camere, a differenza dei tipici messaggi presidenziali, trasmessi in forma scritta al Parlamento.

Durata in carica.

Il Presidente ella Repubblica dura in carica sette anni[14], (art. 85 1° co. Cost.) che decorrono dalla data del giuramento.

Supplenza e impedimento.

Supplenza

La Costituzione non prevede la carica della vicepresidenza, né la possibilità di delega volontaria delle funzioni del Capo dello Stato ad altro organo, ma solo l’istituto della “supplenza”, escludendo anche implicitamente la revoca del Presidente.

La supplenza consiste nell’assunzione dei poteri e delle funzioni del Capo dello Stato da parte del Presidente del Senato (art. 86 Cost. 1° co.[15]), nelle ipotesi in cui, a causa di un impedimento temporaneo, il Presidente della repubblica non possa svolgere la propria attività

Impedimento

L’impedimento[16] può essere:

  • permanente in caso di:
    • infermità che si protragga in modo irreversibile;
    • destituzione dalla carica, comminata dalla Corte Costituzionale nella sentenza di condanna per alto tradimento o attentato alla Costituzione (destituzione);
    • perdita di godimento dei diritti civili e politici (decadenza).
  • temporaneo in caso di:
    • sospensione della Carica disposta dalla Corte Costituzionale in pendenza del giudizio d’accusa per alto tradimento alla Costituzione;
    • malattia che non importi guarigione entro breve termine, pur senza pregiudicare la riassunzione della carica, a guarigione avvenuta;
    • viaggio all’estero[17].

Si ricordi che l’impedimento che impone la supplenza è solo quello temporaneo, in quanto l’impedimento permanente, da luogo a cessazione anticipata della carica.

I poteri del supplente

Il supplente acquista la sua carica automaticamente, cioè senza bisogno di alcuno atto di investitura e senza che debba prestare giuramento.

I poteri del supplente di regola sono limitati ai soli atti di ordinaria amministrazione, essendo poco opportuno il compimento di atti di carattere palesemente straordinario (ad es.: scioglimento anticipato delle Camere). La norma non esclude, tuttavia, la possibilità che il supplente assolva tutte le funzioni presidenziali senza distinzioni, ove ne ricorra la necessità.

La correttezza costituzionale impone, comunque, al supplente di astenersi dagli atti destinati ad incidere sugli equilibri tra i vari organi dello Stato. Sarebbe, quindi, del tutto inopportuno che il Presidente del Senato, nominasse senatori a vita o inviasse messaggi alle Camere.

Cessazione.

Ordinaria

Il mandato presidenziale termina in via ordinaria per la scadenza del settennio. Scaduto il mandato, il Presidente della Repubblica è immediatamente rieleggibile[18].

Alla cessazione della carica il Presidente della Repubblica diviene automaticamente senatore a vita[19] (salvo i casi di rinuncia: art. 59 1° co. Cost.).

Anticipata.

La cessazione dell’ufficio può avvenire, oltre che, in via normale per la scadenza del settennio, anche via anticipata a causa di:

  • morte;
  • dimissioni[20]: le dimissioni del Presidente della Repubblica hanno effetto immediato: non esiste, infatti, un organo abilitato a riceverle e ad accettarle (e tale non è neppure il Parlamento), né ciò sarebbe compatibile con la posizione di organo super partes che è propria del Capo dello Stato. Per tale motivo l’atto di dimissione del Presidente della Repubblica è un atto personalissimo, e non richiede la controfirma ministeriale, né la motivazione.
  • per impedimento permanente;
  • decadenza: per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità (cittadinanza, godimento dei diritti civili e politici);
  • destituzione, a seguito della condanna per alto tradimento o attentato alla costituzione, do opera della Corte Costituzionale.

In queste ipotesi, ai sensi dell’art. 86 2° co., “il Presidente della Camera dei Deputati indice l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione”.

Gli atti presidenziali o decreti presidenziali.

Ogni atto emanato dal Capo dello Stato, assume la forma di decreto del presidente della Repubblica (D.P.R.).

L’elencazione degli atti che devono essere emanati sotto forma di D.P.R., è contenuta nella Costituzione e nella legge 13/91.

Tipologie.

Gli atti presidenziali, possono classificarsi in:

  • atti formalmente presidenziali;
  • atti formalmente e sostanzialmente presidenziali;
  • atti sostanzialmente complessi.

Formalmente presidenziali (o atti governativi o ministeriali).

Gli atti solo formalmente presidenziali, sono gli atti il cui contenuto è stabilito dal Governo, e sui quali il Presidente apponendo la sua sottoscrizione ne effettua un controllo di legalità o di merito (quindi la sottoscrizione non ha la funzione di rendere perfetti tali atti).

Tale controllo ha un efficacia limitata, consentendo al Presidente, ove lo ritenga opportuno, di arrestare il corso dei medesimi e richiedere un nuovo esame da parte dell’organo che li ha deliberati.

Tuttavia se l’organo che li ha deliberati o che ha formulato la proposta insiste nel volere del provvedimento, il Presidente non può ulteriormente rifiutarsi di sottoscriverli.

Rientrano in questa prima categoria: I) decreti legge[21]; II) decreti legislativi[22]; III) regolamenti governativi; IV) gli atti del governo che siano espressione della funzione amministrativa (ad esempio, la nomina di alti funzionari); V) i provvedimenti relativi ai rapporti con gli altri Stati (ratifica dei trattati internazionali); VI) gli atti di nomina dei Ministri proposti dal Presidente del Consiglio; VII) gli atti di esercizio dell’iniziativa legislativa governativa.

Formalmente e sostanzialmente presidenziali (o atti presidenziali).

Sono atti formalmente e sostanzialmente presidenziali, quegli atti che rientrano totalmente nella sfera di discrezionalità del Presidente.

Rientrano in questa seconda categoria: I) la nomina di cinque senatori a vita e di cinque giudici della Corte costituzionale; II) la nomina di otto esperti componenti il CNEL; III) il rinvio al Parlamento di una legge; IV) la promulgazione delle leggi; V) i messaggi inviati alle Camere per segnalare gravi necessità comuni a fare richiamo ad esigenze avvertite in modo diffuso nel Paese, all’infuori degli schieramenti delle parti politiche.

Sostanzialmente complessi.

Infine gli atti sostanzialmente complessi sono atti il cui contenuto è determinato sia dal Governo che dal Presidente stesso, e che impegnano la responsabilità di entrambi allo stesso titolo.

Rientrano in questa categoria: I) la nomina del Presidente del Consiglio; II) lo scioglimento delle Camere; III) la concessione della grazia.

La controfirma.

Condizione di validità di tutti gli atti emanati[23] dal Presidente della Repubblica è la controfirma apposta sugli stessi, dal Ministro proponente e anche del Presidente del Consiglio nel caso di decreti legge o decreti legislativi (art. 89 Cost.).

La funzione svolta dalla controfirma.

A secondo degli atti su cui è apposta la controfirma svolge:

  • nel caso in cui venga apposta su atti governativi, la controfirma giustamente assolve il compito di trasferire ad altri la responsabilità (politica) dell’atto firmato dal Presidente. Quest’ultimo esercita soltanto una forma di controllo di legittimità sull’operato del Governo;
  • nel caso in cui venga apposta su atti formalmente e sostanzialmente presidenziali, la controfirma ha soltanto una funzione di controllo sull’operato del Presidente da parte del Governo. In altri termini, in questa caso la posizione dei Ministri si inverte, in quanto il loro compito non è più di collaborazione attiva alla formazione dei medesimi, ma piuttosto (oltre che di attestazione delle “autenticità della sottoscrizione del Presidente”) di controllo diretto ad accertare la costituzionalità formale dell’atto.

Responsabilità.

Introduzione.

Sotto il profilo costituzionale sono rilevanti due diverse forme di responsabilità:

  • responsabilità politica: ricorre quando il comportamento di chi agisce è valutabile solo secondo parametri di opportunità ed è sottoponibile ad un tipo di sanzioni che oscillano dalla rimozione o destituzione dalla carica alla sola censura politica;
  • responsabilità giuridica: ricorre quando l’esercizio del potere è valutabile secondo precisi parametri normativi ed è sottoponibile alle sanzioni previste dall’ordinamento giuridico, e cioè sanzioni penali, civili o amministrative.

Nel nostro ordinamento costituzionale il Presidente della Repubblica è soggetto sia alla responsabilità politica, sia a quella giuridica.

Politica.

Quanto alla responsabilità politica occorre distinguere due forme molto diverse fra loro:

  • responsabilità politica diffusa: è quella di cui il titolare di una determinata carica politica risponde nei confronti di una generalità di persone (in questo caso i cittadini) che non possono esercitare nei suoi confronti uno specifico e diretto potere «sanzionatorio», ma solo un generale diritto di critica;
  • responsabilità politica istituzionalizzata: è quella che si ha verso determinati organi dotati della titolarità di uno specifico e diretto potere sanzionatorio nei confronti del titolare di una certa carica (rimozione, destituzione etc.).

Tipo di responsabilità politica a cui è sottoposto il Presidente della Repubblica.

Si deve ritenere che il Capo dello Stato sia sottoposto alla sola responsabilità politica diffusa[24], dal momento che la Carta Costituzionale non prevede l’esistenza di alcun organo cui egli debba rendere conto del proprio comportamento politico e che possa esercitare poteri politici sanzionatori nei suoi confronti.

La sottoposizione del Capo dello Stato a tale forma di responsabilità deriva da uno dei principi fondamentali del nostro sistema: quello della sovranità popolare. Poiché la sovranità appartiene al popolo, solo ad esso deve sempre essere riconosciuto il diritto di poter valutare criticamente il comportamento di chi esercita per suo conto i poteri supremi.

Giuridica.

La responsabilità giuridica sorge nel momento in cui vi è la violazione di una precisa norma di legge appositamente sanzionata (sanzioni penali, civili e amministrative).

Mentre in relazione alla responsabilità civile e quella amministrativa, il Presidente della Repubblica non gode di nessuna immunità, esiste un particolare regime per la responsabilità penale.

Per i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni.

Il Capo dello Stato, nell’esercizio delle sue funzioni, è sottratto dalla Costituzione a tale responsabilità, per cui non può essere chiamato a rispondere in giudizio degli illeciti che commette.

Egli, pertanto, gode dell’immunità penale che è, tuttavia, limitata ai soli casi in cui essa risulta strumentale allo svolgimento delle funzioni presidenziali.

L’unica eccezione all’immunità penale del Presidente deve ravvisarsi nelle ipotesi in cui si renda colpevole dei reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.).

Alto tradimento.

Può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso, che, offendendo la personalità interna ed internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà della Repubblica.

Esso presuppone una intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o, addirittura, per sovvertire l’ordinamento costituzionale.

Attentato alla Costituzione.

Mentre deve ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o violare la Costituzione.

L’art. 283 c.p. definisce genericamente tale reato come: «un fatto diretto a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato»

La messa in stato d’accusa del Capo dello Stato.
L’organo inquirente.

È il Parlamento a promuovere l’azione penale contro il Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, per cui ad esso è riservato il potere di compiere le indagini istruttorie a tal fine necessarie.

La legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, ha disposto modificando l’art. 12 della legge costituzionale 11 marzo 1953, che, la deliberazione sulla messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, è adottata dal Parlamento in seduta comune (a maggioranza assoluta dei suoi membri) su relazione di un Comitato (e non più dunque di una Commissione per i procedimenti d’accusa), formati dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della Camera competenti per le autorizzazione a procedere (c.d. giunta per le autorizzazioni a procedere).

L’organo giudicante.

L’organo competente a giudicare l’accusa mossa è la Corte Costituzionale, la quale potrà, in pendenza del giudizio d’accusa, disporre la sospensione dalla carica presidenziale.

Reati compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni.

Relativamente ai reati compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro cittadino.

Tuttavia onde evitare che il capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene, che non si possa procedere penalmente contro di lui finché resta in carica (improcebilità dell’azione penale).

In sintesi.

Da quanto detto discende che:

  • per gli atti non compiuti nell’esercizio delle funzioni presidenziali, la responsabilità del Capo dello Stato è identica a quella di qualunque altro cittadino. Egli sarebbe certamente responsabile di una eventuale molestia sessuale attuata sulla segretaria del Quirinale, anche se compiuta nel corso del settennato;
  • per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, egli non assume alcuna responsabilità giuridica, purché non si tratti dei reati previsti dalla stessa Costituzione: ad esempio sarebbe sicuramente responsabile di attentato alla Costituzione, nell’ipotesi in cui decidesse di organizzare un colpo di Stato per instaurare una dittatura.

Prerogative.

Per potere esercitare concretamente i suoi poteri il presidente gode delle seguenti prerogative:

  • insindacabilità: il presidente della Repubblica non è sindacabile e non può essere perseguito per i pareri e le opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni. Limitatamente alla sua irresponsabilità per gli atti del governo, tale insindacabilità è tutelata dall’art. 279 c.p.;
  • di indipendenza economica: assicurata mediante l’assegnazione di un assegno pari a 125.000 € annui;
  • di una dotazione, ossia il complesso dei beni (costituenti patrimonio indisponibile dello Stato), destinati al mantenimento e al funzionamento dell’Ufficio della Presidenza della Repubblica. La dotazione si compone di una parte in natura (Palazzo del Quirinale, tenuta di Castelporziano e altri edifici situati in diverse Regioni italiane) e di una parte in denaro, necessaria alla manutenzione dei beni in precedenza indicati.

Poteri e attribuzioni del presidente della Repubblica.

Il Presidente della Repubblica non è titolare di nessuna delle tre fondamentali funzioni dello Stato, ma la Costruzione gli riserva la possibilità di intervenire in ciascuna di esse, oltre che alcune competenza specifiche

In relazione al potere legislativo.

In relazione al potere legislativo e alla relativa funzione, il Presidente della Repubblica:

Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione

Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione (art. 87 3° co. Cost.)[25].

Le Camere, appena elette, devono riunirsi entro 20 giorni dalla fine delle elezioni (art. 61 Cost.). Il giorno di prima riunione, nell’ambito di tale termine, è fissato dal Capo dello Stato, già nel decreto in cui convoca i comizi elettorali.

Può inviare messaggi alle Camere.

Può inviare messaggi alle Camere (art. 87 2° co. Cost.).

Nozione di messaggio.

Il messaggio è un tipico atto presidenziale, il cui contenuto rispecchia gli intendimenti personali del Capo dello Stato (c.d. potere di esternazione).

Con i propri messaggi, il Presidente non può però interferire nell’azione degli altri organi costituzionali, né entrare nel merito del programma politico del Governo.

Messaggi formali e informali

Dai messaggi formali inviati alle Camere (tra cui vi è il messaggio motivato), vanno distinti i messaggi informali, rivolti a qualunque altro destinatario, sugli argomenti più vari e quando il Presidente ne ravvisi l’opportunità (ad es.: messaggi televisivi rivolti alla pubblica opinione).

Il messaggio formale va sempre controfirmato dal Presidente del Consiglio, o, almeno, da uno dei Ministri, e tale atto ha valore di controllo di legittimità. I messaggi informali non sono, invece, soggetti a controfirma.

Autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa.

Autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge[26] di iniziativa governativa (art. 87 4° co. Cost.).

Tale autorizzazione non è atto presidenziale (cioè di competenza anche sostanziale del Presidente della Repubblica), perché l’art. 71 Cost. attribuisce, in via tassativa, al governo la titolarità dell’iniziativa legislativa, escludendo il concorso di altri organi nel suo esercizio: quindi l’autorizzazione presidenziale non ha carattere discrezionale e non può essere rifiutata.

Può solo ritenersi che i poteri del Capo dello Stato possano limitarsi alla richiesta di un riesame da parte del Governo. Può, invece, rifiutare l’autorizzazione, per mancanza di un elemento essenziale o quando l’atto abbia carattere delittuoso.

Può convocare ciascuna Camera i via straordinaria.

Può convocare[27] ciascuna Camera i via straordinaria[28] (art. 62 2° co. Cost.)[29]. In tal caso si riunisce di diritto anche la Camera non convocata (art. 62 3° Cost.).

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (art. 87, 5 co. Cost.).

La promulgazione della legge

Promulgazione della legge: è l’ultimo atto del procedimento legislativo prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il Presidente della Repubblica è tenuto a promulgare la legge entro un mese dall’approvazione delle due Camere. Tuttavia se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata in un termine più breve da esse stabilito.

Con l’atto di promulgazione, che è atto di controllo, la legge diviene esecutoria. Diviene invece obbligatoria per tutti i cittadini solo con la pubblicazione.

Può, prima di promulgare una legge, chiedere con messaggio motivato alle Camere una nuova deliberazione.

Tuttavia il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, qualora riscontri vizi nell’atto o un contrasto dello stesso con altre norme costituzionali[30], può[31] chiedere alle Camere una nuova deliberazione o un riesame della legge (c.d. potere di veto sospensivo).

Tale rinvio deve essere accompagnato da una “messaggio motivato[32]” in cui siano indicati motivo di merito o di legittimità costituzionale per cui il Capo dello Stato ritiene la legge non promulgabile[33] (art. 74 1° co. Cost.).

Va precisato che il Capo dello Stato non può bloccare definitivamente l’attività delle Camere, ma può solo sospendere temporaneamente la promulgazione dell’atto, privandolo temporaneamente dell’efficacia. Tanto è vero che una volta che le Camere riapprovino senza modifiche la legge, il Capo dello Stato non può far altro che promulgarla.

Ciò non esclude che, laddove l’atto manchi dei requisiti minimi per essere qualificato legge oppure sia tale da comportare un vero e proprio attentato alla Costituzione o integri gli estremi dell’alto tradimento, reati per i quali sussiste la responsabilità penale del Presidente della Repubblica, quest’ultimo possa di nuovo rifiutarsi di promulgarla. In questo caso potrà sorgere un conflitto di attribuzione fra Parlamento e Presidente, risolvibile dalla Corte Costituzionale.

Se, invece, le Camere approvano emendamenti diversi da quelli suggeriti dal Presidente nel messaggio, egli potrà di nuovo rinviare la legge alle Camere, almeno limitatamente alle modifiche apportate.

Emanazione degli atti normativi.

Emanazione (degli atti normativi): potere analogo a quello di promulgazione delle leggi.

Ha ad oggetto i seguenti atti di Governo: I) decreti legislativi e decreti-leggi, che, pur essendo formalmente atti del potere esecutivo, hanno forza e valore di legge; II) regolamenti governativi, che sono fonti secondarie di diritto.

Il Capo dello Stato emana anche altri atti amministrativi. Con L. 12 gennaio 1991, n. 13 sono stati tassativamente elencati tutti gli atti che devono emanati nella forma di “decreto del Presidente della Repubblica”.

Può nominare cinque senatori a vita.

Può nominare cinque senatori a vita (senatori di nomina presidenziale), tra i cittadini “che abbiamo illustrato la Patria di altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario[34]” (art. 59 2° co. Cost.).

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione (art. 87 6° co. Cost.): quindi il referendum abrogativo e il referendum costituzionale inserito nel procedimento previsto dall’art. 138 della Cost.

Può sciogliere le Camere, o anche una sola di esse

Può sciogliere le Camere[35], o anche una sola di esse, sentiti i pareri obbligatori (ma non vincolati) dei relativi presidenti[36] (art. 88, 1°–2° co. Cost.).

La natura del decreto di scioglimento.

Circa la natura del decreto di scioglimento, in dottrina non vi è una posizione pacifica. Noi tuttavia accogliamo l’idea che esso sia un atto formalmente complesso, la cui responsabilità ricade sia sul Presidente che sul Governo.

Il semestre bianco

Il semestre bianco: è il periodo di tempo corrispondente agli ultimi sei mesi della carica del Presidente della Repubblica, durante il quale le Camere non possono essere sciolte (art. 88 2° co. Cost.).

Tale divieto per la dottrina deriverebbe dall’intenzione di evitare che il Presidente della Repubblica si avvalga dei poteri di scioglimento per favorire la sua rielezione (da parte delle nuove Camere).

L’art. 88 2° co. Cost. è stato modificato dalla L. Cost. n. 1/91[37], in base alla quale il Presidente della Repubblica non può esercitare tale facoltà (cioè lo scioglimento delle camere) negli ultimi sei mesi del suo mandato salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura[38], per consentirgli di sciogliere le Camere ed indire regolarmente le nuove elezioni.

In relazione al potere esecutivo.

In relazione al potere esecutivo ed alla funzione amministrativa, il Presidente della Repubblica:

  • nomina il Presidente del Consiglio, e su proposta di questi, i ministri (art. 92 2° co. Cost.), nomina altresì, i commissari straordinari del Governo ed i sottosegretari di Stato;
  • nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato (art. 87 7° co. Cost.)[39];
  • controfirma gli atti ministeriali che sono emanati con suo decreto: il Capo dello Stato esercita, in tal modo il suo potere di controllo e di garanzia costituzionale;
  • nomina gli esperti del CNEL: anche questa nomina, come per i funzionari dello Stato, ha carattere meramente formale: la nomina effettiva rientra fra le attribuzione del Governo, di cui il CNEL, è organo ausiliario;
  • ratifica i trattati internazionali e accredita e riceve i rappresentanti diplomatici (art. 87 9° co. Cost.)[40];
  • ha il comando delle forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa (art. 87 9° co. Cost.)[41];
  • dichiara lo Stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 87 9° Cost.);
  • conferisce le onorificenze[42] della Repubblica (art. 87 12° co. Cost.);
  • può sciogliere il Consiglio regionale e rimuovere il Presidente della Giunta (art. 126 1° co. Cost.).

Altre attribuzioni di carattere amministrativo.

Vi sono poi delle attribuzioni di carattere strettamente amministrativo:

Emana il decreto di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, su decisione del consiglio dei Ministri. Si tratta di un potere riconosciuto esclusivamente al Governo, per cui l’atto del Presidente della Repubblica è solo formale;

Emana il decreto di decisione dei ricorsi straordinari amministrativi. Anche se il ricorso è comunemente detto al “Capo dello Stato”, secondo la dottrina prevalente, non è un atto presidenziale, bensì governativo, o addirittura di competenza del Consiglio di Stato. Infatti la decisione viene adottata su proposta del Ministero competente per materia, sentito il parere del Consiglio di Stato.

In relazione al potere giudiziario.

In relazione al potere giudiziario ed alla relativa funzione, il Presidente della Repubblica:

  • presiede il Consiglio superiore della magistratura ed emana i decreti relativi allo stato giuridico dei magistrati (art. 87 10° co. e 104 2° co. Cost.)[43];
  • concede grazia[44] e commuta le pene[45] (art. 87 11 co°. Cost.)[46];
  • nomina cinque giudici costituzionali (art. 135 1 co. Cost.).

I Presidenti della Repubblica Italiana

Ecco l’elenco dei Presidenti della Repubblica Italiana:

1946-1948Enrico De Nicola (capo provvisorio dello stato)
1948-1955Luigi Einaudi
1955-1962Giovanni Gronchi
1962-1964Antonio Segni
1964-1971Giuseppe Saragat
1971-1978Giovanni Leone
1978-1985Sandro Pertini
1985-1992Francesco Cossiga
1992-1999Oscar Luigi Scalfaro
1999-2006Carlo Azeglio Ciampi
2006 -2013Giorgio Napolitano
2013 -2015Giorgio Napolitano
2015Sergio Mattarella

Note

  1. Gli organi costituzionali sono quelli che si trovano in una posizione di indipendenza o parità giuridica tra loro, essi sono indefettibili, vale a dire che se un organo venisse meno provocherebbe un mutamento dell’assetto costituzionale dei poteri. Gli organi costituzionali partecipano in diverso modo alla funzione politica, cioè prendono parte all’individuazione dei fini che lo Stato è chiamato a perseguire. Sono organi Costituzionali le cui funzioni e competenze sono enunciate dalla Costituzione: I) il popolo inteso come corpo elettorale; II) il Presidente della Repubblica; III) la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica; IV) il Governo; V) la Corte Costituzionale.

    Gli organi a rilevanza costituzionale o di rilievo costituzionale, sono invece organi che pur non partecipando alla funzione politica, né essendo essenziale alla struttura costituzionale dello Stato, sono individuati, ma non disciplinati, dalla Costituzione che rinvia al legislatore ordinario la disciplina della loro attività. Essi sono: I) il C.N.E.L.; II) la Corte dei Conti; III) il Consiglio di Stato; IV) il C.S.M.; V) il Consiglio Supremo di Difesa.

  2. Va precisato che il Capo dello Stato, essendo, svincolato dai poteri tradizionali, non può essere in alcun modo considerato né come organo di governo né come organo della pubblica amministrazione anche se l’art. 87 gli conferisce particolari attribuzioni riferentesi all’una e all’altra funzione.

  3. L’età minima di cinquant’anni risponde all’esigenza fondamentale di attribuire la più alta carica istituzionale solo a chi abbia le doti di maturità, esperienza e autorevolezza necessarie per un compito così delicato.

  4. Il godimento dei diritti civili esclude dalla eleggibilità a Capo dello Stato chi sia stato interdetto o inabilitato secondo la legge civile (ad es.: perché infermo di mente e incapace di provvedere ai propri interessi). È privo dei diritti politici chi sia stato, invece, cancellato dalle liste elettorali.

  5. Inoltre, anche se manca un’esplicita previsione costituzionale, è prassi che il Presidente della Repubblica, appena eletto, si dimetta anche da tutte le cariche che eventualmente ricopre all’interno di un partito politico. Ciò risponde ad un preciso principio di correttezza costituzionale e mira a rafforzare l’indipendenza del Capo dello Stato da qualunque formazione politica.

  6. Seduta comune: riunione alla quale partecipano sia i membri della Camera dei deputati che quelli del Senato della Repubblica, nei casi esplicitamente previsti dalla nostra Costituzione. Tali riunioni si svolgono alla Camera dei deputati, utilizzandone strutture ed uffici, e sono presiedute dal Presidente della Camera.

  7. Delegati per ogni Regione (o regionali): membri esterni al Parlamento designati dai Consigli regionali; integrano le Camere riunite in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica. Godono delle stesse prerogative dei parlamentari, non devono necessariamente ricoprire la carica di consiglieri regionali e sono eletti «in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze». Ciò sta a significare che almeno uno dei tre delegati deve essere espressione delle forze politiche di minoranza.

  8. La particolare composizione del collegio elettorale integrato dai delegati regionali sta a sottolineare che il Capo dello Stato rappresenta non solo lo Stato–persona, ma anche lo Stato–comunità, vale a dire la comunità politica nazionale complessivamente considerata. La norma mira, quindi, a inserire le Regioni (in rappresentanza delle autonomie locali) nel vivo delle dinamiche istituzionali e ad allargare la base di consenso, garantendo una più significativa presenza delle minoranze.

  9. Il termine di trenta giorni antecedenti la scadenza del settennato dovrebbe presumibilmente consentire l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro la scadenza del mandato del predecessore. Se, tuttavia, le votazioni dovessero prolungarsi oltre i 30 giorni, si avrebbe una seconda ipotesi di prorogatio dei poteri del Presidente uscente, pur nel silenzio della Costituzione.

  10. L’iniziativa di convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali è assegnata al Presidente della Camera dei deputati. Ciò si spiega in quanto al presidente del Senato spetta già il potere di supplenza, e il costituente è stato attento a mantenere un certo equilibrio tra i massimi organi dello Stato, una costante di tutta l’architettura del sistema.

  11. Scrutinio segreto: procedimento di votazione che assicura l’assoluta segretezza (e, di conseguenza, l’assoluta libertà) della scelta dell’elettore. I regolamenti parlamentari adottano lo scrutinio segreto soltanto nei casi in cui sia in discussione un argomento che prevede un giudizio sulle persone (ad esempio, elezione e messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica), mentre la regola generale è quella dello scrutinio palese.

  12. Camere: sono i due rami di cui si compone il nostro Parlamento: Camera dei deputati e Senato della Repubblica.

  13. Secondo il dettato costituzionale il giuramento del Presidente della Repubblica dovrebbe essere prestato soltanto dinanzi al Parlamento in seduta comune; è comunque prassi che il Presidente della Camera inviti anche i delegati regionali che hanno partecipato all’elezione del Capo dello Stato.

  14. La particolare lunghezza del mandato (superata solo da quella dei giudici costituzionali (9 anni) è giustificata, innanzitutto, dall’esigenza di svincolare il Presidente della Repubblica dalla maggioranza politica che lo ha eletto, esaltandone la posizione di imparzialità. Si ricordi, infatti che la durata ordinaria delle Camere è fissata a soli 5 anni. In secondo luogo, la permanenza in carica per sette anni renderebbe possibile l’acquisizione della maggior esperienza che la delicatezza dei compiti presidenziali impone. Infine, la durata del mandato evidenzia le prerogative di organo moderatore che la Costituzione assegna al capo dello Stato, soprattutto allorquando si verifichi un mutamento dei rapporti di forza tra le parti politiche.

  15. Art. 86 1° co. Cost.: “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato”.

  16. Qual è l’organo competente ad accertare e dichiarare l’impedimento del Capo dello Stato nel caso in cui il Presidente non sia in grado di riconoscere il proprio impedimento? Se il Presidente non vuole o non può effettuare una dichiarazione spontanea, è necessario individuare quale sia l’organo competente: in dottrina è stato, di volta in volta, individuato nella Corte Costituzionale, nel Governo, nel Parlamento in seduta comune, ovvero nello stesso Presidente della Camera. Sono tutte soluzioni che, per un motivo o per un altro, lasciano perplessi. Nell’unico precedente, in occasione della grave malattia che colpì il Presidente Segni (agosto 1964), l’accertamento dell’impedimento fu fatto con atto del Governo (comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri). Quindi il Presidente del Senato, convocati il Presidente della Camera e il Presidente del Consiglio e verificata con loro la sussistenza delle condizioni previste da questo articolo, assunse temporaneamente l’esercizio delle funzioni di Capo dello Stato, con la qualifica di Presidente supplente della Repubblica. Non si pervenne, comunque, a una dichiarazione di impedimento permanente, perché nel frattempo il Presidente Segni rassegnò le dimissioni.

  17. Quest’ultimo caso, anche se in passato si è verificato, appare controverso, in quanto non può considerarsi «impedito» il Presidente della Repubblica proprio quando è all’estero, in rappresentanza dello Stato italiano e dunque nella pienezza delle sue funzioni. La tesi probabilmente più corretta considera necessaria una «supplenza parziale», riconoscendo al supplente le sole funzioni non inerenti allo svolgimento della missione all’estero.

  18. La rieleggibilità del Presidente della Repubblica (e cioè la possibilità di una sua rielezione, anche immediata, alla scadenza del settennato) si deduce dal silenzio della Costituzione, che per altri organi espressamente la vieta (come per i giudici della Corte Costituzionale o per i membri del Consiglio Superiore della Magistratura). Giorgio Napolitano è fino ad ora l’unico presidente ad essere stato rieletto alla scadenza del settennato .

  19. Ex Presidenti della Repubblica divenuti senatori a vita: la loro posizione è totalmente equiparata a quella degli altri senatori, non essendovi nel testo costituzionale alcuna disposizione che imponga obblighi o assegni particolari privilegi agli ex Presidenti. Pur non essendovi alcuna esplicita previsione costituzionale, per anni è invalsa la prassi che gli ex Presidenti della Repubblica siano ascoltati dal Presidente in carica nel corso delle consultazioni per la formazione del Governo.

  20. Dimissioni: atto libero e personale con cui il titolare di un ufficio dichiara di voler abbandonare anticipatamente l’incarico. Normalmente le dimissioni hanno effetto solo dopo l’accettazione da parte dell’organo competente e solo quando sia divenuta effettiva la sostituzione da parte del successore. Si ha, pertanto, la cd. prorogatio dei poteri del precedente titolare, fino a sostituzione avvenuta.

  21. Decreto legge: appartiene alla categoria delle ordinanze generali, che si concretano in provvedimenti provvisori (con forza di legge) adottati dal Governo, di sua iniziativa e sotto la sua responsabilità, in casi straordinari di necessità e di urgenza. Tali provvedimenti diventano definitivi solo dopo la conversione in legge effettuata dal Parlamento.

  22. Decreto legislativo: atto con efficacia di legge formale emanato dal Governo in base ad una delega legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega del Parlamento è conferita con legge formale ordinaria.

  23. Deve ritenersi pacifico, comunque, che la controfirma non è richiesta per quegli atti alla cui formazione il Presidente della Repubblica partecipa, ma che non vengono imputati a lui bensì ad organi collegiali da lui presieduti (es.: atti del Consiglio Superiore della Magistratura).

  24. È chiaro, come evidenziato in precedenza, che il Presidente della Repubblica risulterà politicamente responsabile solo per gli atti da lui posti in essere sia formalmente che sostanzialmente, per i quali la controfirma svolge solo una funzione di controllo.

  25. Si tratta comunque di una attribuzione presidenziale meramente formale: sia convocazione dei comizi elettorali, che la determinazione della data della prima riunione delle Camere sono deliberate dal Consiglio dei Ministri: siamo quindi di fronte ad un atto governativo e, non presidenziale quanto alla sostanza.

  26. Disegno di legge: termine tecnico con cui si individuano le proposte di derivazione governativa. La Costituzione, tuttavia, usa l’espressione in modo spesso improprio, designando con essa ogni progetto di legge, da qualunque fonte provenga.

  27. Convocazione (delle Camere): atto con il quale viene comunicato ai Parlamentari il giorno e l’ora della riunione, affinché possano partecipare ai lavori.

  28. La convocazione straordinaria, si attua in circostanze del tutto eccezionali, come nell’ipotesi di paralisi dell’attività del Parlamento.

  29. È questo un atto tipicamente presidenziale, di impulso dell’attività del Parlamento.

  30. Il controllo presidenziale può svolgersi solo per ragioni di legittimità o di opportunità costituzionale: il rinvio delle leggi, cioè, può avvenire solo se il Capo dello Stato accerti un contrasto tra la legge e le norme contenute nella Costituzione, oppure rinvenga nella disciplina legislativa contenuti che possono turbare l’equilibrato funzionamento delle istituzioni, a presidio del quale tale controllo è posto.

  31. La decisione di esercitare o meno il potere di rinvio ha, comunque, un contenuto politico e discrezionale assai marcato, in quanto il Presidente della Repubblica deve opportunamente valutare anche i riflessi sulle istituzione dei suoi atti. In ciò si differenzia dalla Corte Costituzionale, la cui attività è sempre doverosa e riveste, pur con tutte le sue particolarità, il carattere della giurisdizione.

  32. Tale messaggio è diverso da quello previsto dall’art. 87 Cost., perché non concerne considerazioni generali sulla situazione del Paese, né è espressione del potere di impulso del Presidente, bensì riguarda il singolo atto rinviato, ed è espressione del suo potere di controllo.

  33. La sottoscrizione ministeriale richiesta anche per quest’atto, ha in questo caso la funzione di controllo dell’operato del Presidente.

  34. La norma, quindi, tenderebbe ad escludere dalla nomina a senatori a vita persone che possono vantare soltanto meriti politici, privilegiando, invece, personalità che provengono dalla società civile: purtroppo, le scelte fatte in passato, molto spesso, hanno privilegiato proprio i politici.

  35. Scioglimento delle Camere: è l’atto col quale si pone fine all’attività delle assemblee rappresentative (o di una sola di esse) in vista della loro rinnovazione.

  36. Il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Presidente del ramo del Parlamento che il Capo dello Stato intende sciogliere, realizza una sorta di garanzia del contraddittorio o del giusto procedimento, essendo contrario ai principi democratici adottare un provvedimento sfavorevole ad un soggetto senza, quanto meno, ascoltarne le motivazioni. Non solo: i Presidenti delle Camere sono in grado, in virtù dell’importante ruolo ricoperto, di fornire al Presidente della Repubblica tutte le indicazioni necessarie alla sua decisione.

  37. Prima della modifica del 1991, il divieto di scioglimento delle Camere negli ultimi 6 mesi del mandato (c.d. semestre bianco) non prevedeva eccezioni. Nei primi mesi del 1992 si venne, però, a creare una situazione di stallo perché contestualmente scadeva il mandato del Presidente Cossiga e volgeva al termine la legislatura. Poiché il Presidente non poteva sciogliere le Camere (per il divieto posto dal secondo comma di questo articolo), né queste ultime potevano eleggere un nuovo Presidente, dal momento che mancavano meno di tre mesi alla loro cessazione, si rese indispensabile procedere ad una modifica della Costituzione, onde evitare una paralisi istituzionale; pertanto fu introdotta la possibilità per il Presidente di sciogliere le Camere se il termine naturale della legislatura coincide con quello del semestre bianco.

  38. Legislatura: è il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare (5 anni) per ciascuna Camera.

  39. Ad esempio, sono nominati con decreto del Capo dello Stato: il Presidente e i Consiglieri della Corte dei Conti; il Presidente del Consiglio di Stato; i presidenti o i direttori generali di enti pubblici di importanza nazionale etc. La nomina è solo formalmente un atto presidenziale, poiché la deliberazione effettiva spetta al Governo.

  40. Si tratta di due attribuzione del Capo dello Stato attinenti alla sua funzione di rappresentanza internazionale dello Stato. L’attività di ratifica è un attività di mero controllo costituzionale sull’operato del Governo nei rapporti con gli Stati esteri. Pertanto è sottratto al Presidente ogni potere deliberante in materia.

    Va evidenziato che la Costituzione subordina, in particolari casi, la ratifica all’autorizzazione del Parlamento (art. 80 Cost.).

  41. Non si tratta di un comando, che è affidato agli organi tecnici (Capo di Stato maggiore generale) ma consiste nella direzione e nel coordinamento politico–amministrativo delle attività delle forze armate, che è attribuito al Capo dello Stato in quanto rappresentante dell’unità nazionale. Gli atti compiuti dal Capo dello Stato in qualità di Presidente del Consiglio supremo di difesa non necessitano di controfirma ministeriale (ex art. 89 Cost.).

  42. Onorificenze: il Presidente della Repubblica ha il potere di conferire a persone ed enti distintisi in particolari attività, riconoscimenti quali: l’Ordine al merito della Repubblica italiana, concesso a chi si è distinto nelle scienze, lettere, arti, economia e cariche pubbliche; l’Ordine al merito del lavoro, conferito a non più di venticinque persone distintesi particolarmente nel campo del lavoro; l’Ordine di Vittorio Veneto, conferito ai combattenti della 1a guerra mondiale o guerre precedenti; l’Ordine militare d’Italia, conferito a militari che abbiano compiuto atti di valore in tempo di guerra; l’Ordine della stella della solidarietà italiana, per i residenti all’estero.

  43. La funzione adempiuta dal Presidente in tale carica non è puramente simbolica, né si risolve nelle ordinarie attribuzione di presidente di organi collegiali (direzione del dibattito, fissazione di sedute, etc.). Egli, infatti, in qualità di presidente del CSM è tenuto a:

    equilibrare le tendenze contrastanti che si verificano in senso al Consiglio stesso;

    fungere da intermediario tra CSM (quale rappresentante dell’ordine giudiziario) e il potere esecutivo (governo);

    può anche sciogliere il CSM, se esso si trovi nell’assoluta impossibilità di funzionare.

    Gli atti compiuti dal Capo dello Stato come presidente del CSM sono di competenza dell’organo collegiale e, pertanto, non devono essere controfirmati.

  44. Grazia: è un atto di clemenza di esclusiva prerogativa del Capo dello Stato, che esclude qualunque atto di delegazione. Si tratta di un provvedimento di carattere particolare, in quanto è essenzialmente individuale e cioè a beneficio di una singola persona determinata e si distingue dall’amnistia e indulto che hanno, invece, carattere generale.

  45. Commutazione della pena: potere attribuito al Presidente della Repubblica di trasformare una pena detentiva in altra, meno afflittiva.

  46. Si noti che anche l’amnistia e l’indulto in passato costituivano prerogativa del Presidente della Repubblica, mentre oggi sono di esclusiva competenza del Parlamento.

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